Il manifesto

Siamo un gruppo di individui con percorsi ed esperienze di vita diversi fra loro, animati da una comune spinta di liberazione. Vogliamo costruire insieme un altro modo di vivere la relazione tra specie e demolire ogni forma di sfruttamento animale.

L’obiettivo specifico  è quello di mettere in discussione l’idea stessa del cane, quella  che circola fra gli addetti ai lavori e nell’opinione pubblica, e la sua mercificazione che ha effetti per lo più nascosti ed incontrastati. 

NORA – NO Razzismo Animale 

è una campagna di denuncia e opposizione al “razzismo animale” e alla cinofilia delle razze, ossia a quel modello economico e culturale (media,pubblicità,letteratura, cinema,ecc.) che vede i cani e le specie cosiddette domestiche  suddivise in razze, frutto esclusivo della selezione umana  e “create” unicamente a suo  uso e consumo.

Denunciamo  e ci opponiamo al  dominio e all’oppressione che si riversano sugli animali, sintetizzabili con il termine di specismo, un sistema che ha contribuito alla creazione del concetto stesso di razza anche in ambito umano, dove, nei secoli, abbiamo assistito ad aberrazioni come  la segregazione razziale, le sterilizzazioni forzate,  le leggi anti-mescolanza razziale, le ricerche eugenetiche improntate alla restaurazione e conservazione della razza. Bianca, ovviamente.

Denunciamo gli allevamenti di animali che mettono in atto quello che possiamo considerare un razzismo nel razzismo, perché organizzano e realizzano lo sfruttamento degli animali non umani, separandoli in un arcipelago di isole genetiche tra loro distinte, funzionali esclusivamente ai bisogni della nostra specie e in base a questi suddivise anche per importanza e considerazione etica, oltreché per caratteri fisici e comportamentali. 

Anche a livello legislativo non  esiste  solo una suddivisione tra specie definite “da reddito” e animali definiti “pet” (“da carezza”, letteralmente), alle quali vengono applicati criteri etici del tutto differenti, ma ulteriori infinite suddivisioni, come dimostrano le oltre 400 “razze” canine commercializzate,ufficialmente riconosciute o meno, selezionate nell’ottica di un presunto “miglioramento”, con criteri che riguardano l’estetica e la capacità di svolgere un particolare lavoro al servizio dell’umano,  mai  nell’interesse dei cani.

La salute stessa dei cani è stata sempre subordinata a questi scopi, come dimostrano i recenti scandali e le corse ai ripari di fronte alle accuse di veri e propri maltrattamenti genetici attuati attraverso la selezione e che condannano i cani a convivere con patologie di ogni genere e sorta. Patologie causate, è utile ribadirlo, dall’opera di selezione dell’umano, da pratiche violente quali le inseminazioni artificiali o gli accoppiamenti forzati, compresi quelli tra soggetti imparentati tra loro. 

Chi ne trae vantaggio, oltre ovviamente all’industria zootecnica, di cui anche gli allevamenti di cani di razza sono parte a tutti gli effetti, è da un lato la mastodontica industria del pet, ovvero quella che si definisce “pet-economy”, dall’altro quella che invece possiamo definire “vet-economy”, ossia quel comparto, rappresentato dal complesso di medicina veterinaria privata, laboratori di genetica e facoltà universitarie, i cui fatturati sono enormemente influenzati dalla diagnosi e cura delle cosiddette “patologie di razza”, con terapie e interventi e diagnostica che sono il cuore di questa industria.

Ne traggono vantaggio quelle stesse istituzioni che pur di difendere il lavoro del settore zootecnico sono pronte ad accusare di irresponsabilità le persone “proprietarie” dei cani e gli allevamenti abusivi, colpevoli di non rispettare le linee guida ufficiali (di ENCI) e di vendere “prodotti difettosi”.

Quelle stesse istituzioni che continuano a negare che sia soprattutto la selezione genetica ad aver prodotto razze potenzialmente pericolose o problematiche, nonostante questo sia ormai chiaro e denunciato da molteplici fonti. In qualunque canile d’Italia, oramai, si riscontra una netta prevalenza dei cani di razza o di  simil-razza soggette, quest’ultime, alle stesse problematiche, al di là di qualsiasi pedigree.

Il semplice fatto che il cane di razza sia considerato, secondo gli allevatori e secondo le leggi, come un bene cedibile dietro pagamento (il commercio dei cani di razza è l’unico ammesso per legge), cioè un prodotto di mercato che genera  profitti,  è la ragione principale, se non l’unica, per cui sarà vulnerabile a tutte le distorsioni del mercato stesso, illegalità e criminalità comprese. 

Proliferano infatti gli allevamenti abusivi e l’immissione sul mercato di soggetti di “simil-razza” (o senza pedigree). Questi cani, definiti genericamente “meticci”, altro non sono, in un’ottica di mercato, che prodotti contraffatti, simili agli originali e spesso  considerati status symbol, oggetti di marca da esporre e sfoggiare a seconda dell’ultimo trend.

Ma il cane non è un prodotto DOP, o DOC, da tutelare con un certificato di garanzia e il pedigree non è certo la soluzione ma solo un’etichetta di tracciabilità – non sempre verificata e certa – del prodotto.

Finché sarà permesso e promosso il  mercato di compra-vendita dei cani, si verificheranno speculazioni, contraffazioni, truffe dove il cane  è un semplice prodotto fatturato (o venduto al nero). Il mercato del falso, in questo processo, è parte integrante e inevitabile del settore economico che stabilisce il prezzo di listino e sul quale molti poi guadagneranno a loro volta. 

NORA intende concentrare gli sforzi contro le idee e le relative pratiche di quella che possiamo definire “cinofilia delle razze”, agendo in opposizione agli enti (ENCI in primis) e alle politiche (istituzionali e del settore cinotecnico) che hanno trasformato il millenario legame cane/umano in un losco mercato che condiziona lo sviluppo delle società contemporanee globalizzate in rapida espansione. 

Erroneamente si pensa che il cane  sia “fedele” all’Uomo in tutto e per tutto, come se vi fosse biologicamente predisposto e che abbia tratto solo giovamento dalla convivenza ravvicinata con l’umano. In realtà si fraintende costantemente il comportamento del cane, sottoponendolo a forme di maltrattamento normalizzate dalla cultura dominante e dalle legislazioni di stampo zootecnico, rimaste fino ad oggi al riparo da ogni sorta di contestazione. 

Il  delirio produttivo delle razze di cani a cui assistiamo è la tragica conseguenza della condizione in cui vertono i cani nelle zone ricche del mondo: individui eugeneticamente sperimentati,  selezionati, prodotti e riprodotti, venduti e comprati, addestrati e detenuti (nelle case, nei box degli allevamenti e dei canili) in quanto subalterni, gregari e ausiliari che hanno perso ogni spazio di autonomia nel diventare forzatamente “pet”, animali che restano quindi (solo diversamente)”da reddito”.

L’impiego della categoria della razza fatica più che mai a tramontare. Anche in ambito umano, dall’eugenetica del secolo scorso e dalle sterilizzazioni forzate di soggetti con disabilità o considerati inferiori, fino al suprematismo bianco contemporaneo, i discorsi e le pratiche politiche intorno alle razze continuano a imperversare condite da pregiudizi, luoghi comuni e schemi mentali difficili da dismettere, sia culturalmente che in ambito scientifico. Nel contesto dei non umani, partendo dagli animali cosiddetti “da allevamento”, il concetto di razza ha trovato, inutile dirlo, uno sviluppo drammaticamente pervasivo.

Attraverso la lente del “miglioramento della razza” di novecentesca (eugenetica) memoria, si arriva all’odierno “miglioramento delle razze”  impresso, come un marchio a fuoco, nello statuto di ENCI e ancora oggi pienamente in vigore.

Una vera e propria sperimentazione animale, giustificata dal  miglioramento dell’estetica e delle performance (o forse dei fatturati?)

Per ENCI, evidentemente, l’eugenetica  è un vanto e le tecniche di sperimentazione e miglioramento delle razze sono considerate lecite e quindi promosse, permesse e regolamentate. 

L’industria delle razze canine è anche la principale causa dell’alterazione di equilibri di convivenza millenari tra umani e cani, interrompendo il percorso di co-evoluzione e istituendo relazioni di mero uso/consumo e subalternità.

La presenza dei cani di razza sta sostituendo, ovunque in occidente, l’esistenza dei cani liberi e dei meticci che, invece di essere supportati e tutelati, sono considerati ormai, quasi universalmente, cani di serie B, soggetti senza  valore, reietti da catturare, imprigionare o “salvare” e separare fra loro per poi rinchiuderli nella case e nei canili ma, in ogni caso, forzatamente da sterilizzare per sconfiggere la cosiddetta “piaga del randagismo”, considerata il male assoluto. Una battaglia ormai pluridecennale che in realtà altro non è che una persecuzione nei confronti dei cani liberi che da sempre e ovunque hanno vissuto sui nostri territori.

Per tutti questi motivi sosteniamo l’adozione consapevole e responsabile di animali liberati, abbandonati, maltrattati e reclusi nei canili; la fine della produzione dei cani e degli altri animali; una relazione interspecifica fondata sulla complicità e la solidarietà, non sul possesso e il controllo, anche nel contesto domestico.

Agiamo per l’abolizione dell’intero sistema produttivo/commerciale degli animali e il boicottaggio della pet-economy.

Auspichiamo una presa di coscienza collettiva per dissociarsi dalla – anche inconsapevole – complicità quotidiana nel sistema di sfruttamento animale.

È ora di pronunciarsi e muoversi con chiarezza, perché la selezione di razza è anche la maggiore causa di sofferenza fisica e psichica nei cani e per fermarla è necessario battersi in direzione determinata e contraria al perverso andamento della cinofilia mondiale.

Unisciti subito a noi!

NORA – NO RAZZISMO ANIMALE

Per la liberazione animale e umana