Sofferenze canine

CIÒ CHE DESIDERI HA UN PREZZO…E LO PAGANO I CANI

Il mercato della razza

Il processo di selezione artificiale dei cani di razza negli ultimi decenni vede ricercatori del settore, commercianti e allevatori incessantemente impegnati per rimpinguare il mercato. La riflessione che manca a livello pubblico è chiedersi quale effetto abbia la frenetica ed estrema attività produttiva sulla salute dei cani.

La selezione si basa sulla pretesa di disporre di corpi delle riproduttrici e dei riproduttori, che vengono manipolati nel DNA per fissare nella loro prole determinate caratteristiche. La selezione si basa su un principio tanto semplice quanto spietato: far incrociare tra loro cani con particolari conformazioni fisiche e talenti prestazionali, caratteristiche e capacità acquisite dall’animale per discendenza, caso o esperienza propria.

Dunque la selezione umana forza, se non addirittura sovverte, l’evoluzione casuale e naturale per conseguire un interesse di tipo utilitaristico che non riguarda in nessun modo l’animale. Il risultato è una corrispondenza di razza ad uno specifico identikit estetico e funzionale.

La complicità della categoria veterinaria

Va da sé che tale corrispondenza abbia un prezzo, non solo in termini di spesa economica a carico del proprietario del cane di razza. I cani di razza ereditano gravi e crescenti limitatezze e sofferenze fisiche e psichiche nell’arco della loro vita.

Un minore “vigore” genetico determina una minore resistenza e vitalità; una minore fertilità; un aumento di difetti alla nascita; un accorciamento nell’aspettativa di vita; un aumento nella frequenza di malattie genetiche; un abbassamento nella consistenza numerica delle cucciolate; un aumento nella mortalità fra i neonati. Ma soprattutto determina un’alta incidenza di dolore dovuto a previsti problemi a livello emotivo, oltre che scheletrico-articolare e neurologico: aspetti invalidanti che vengono sottovalutati in partenza perché divenuti “normali” conseguenze della selezione e dell’allevamento. 

Esistono numerosissimi studi scientifici che attestano e percentualizzano le casistiche di malattie trasmesse per via genetica nei cani, così come ci sono altrettanti studi che cercano di attenuare gli effetti dellapressione selettiva. È evidente che anche dietro ogni tentativo di mitigazione si perpetra una bieca speculazione che genera flusso di carriere e di denaro. È necessario obiettare che la scienza veterinaria (sia clinica che comportamentale) pecca gravemente sul piano professionale e culturale, perché generalmente evita di dichiarare che produrre cani di razza costituisce l’origine delle più gravi disfunzioni e malformazioni che si ha interesse di curare. Nella negazione della realtà si colloca la sostanza degli interventi medici per la conservazione e “il miglioramento della razza canina”.

La fine del meticciato

Non è comunque necessario entrare troppo nei meccanismi genetici in qualità di veterinari per capire che i cani di razza sono destinati a convivere, fino a perire, con enormi problemi. Gli animali liberi si proteggono dalle possibilità di inincroci (in zootecnia, in agricoltura e in genetica: inbreeding) attuando molteplici strategie comportamentali. Ne sono un classico esempio i branchi di lupi che si separano tra loro, così come i gatti maschi che si spostano da un territorio ad un altro disperdendosi; come anche i cani liberi che costituiscono tessuti sociali fluidi tra diversi gruppi d’appartenenza, periodicamente soggetti a dispersione e rimescolamento relazionale e genetico.

Mentre gli allevatori sono perfettamente consci di cosa fanno agli animali e consapevolmente decidono di agire in tutt’altra direzione.

Ciò che è in ballo è l’idea del cane che si ha: si tratta di determinare il destino di una specie impossessandosene o di agevolare l’autodeterminazione nel contesto sociale. Mentre la selezione razziale crea ristrette isole genetiche, il ricco patrimonio genetico dei cani, che da sempre spinge verso il meticciato, si impoverisce rapidamente. La frequenza dei “difetti ereditari” tra i soggetti di pura razza rispetto ai meticci è elevatissima. Sono almeno dieci le patologie cliniche ricorrenti, fra cui la cardiomiopatia dilatativa, la displasia dell’anca e del gomito, la mielopatia degenerativa, l’ipotiroidismo, la sindrome brachicefalica, le varie oculopatie, le terribili malattie legate al gene merle, l’epilessia e l’osteocondrite dissecante.

Prova ne sono i premi delle assicurazioni sanitarie che nel caso di cani di razza sono molto più costose rispetto a quelle dei meticci, da un lato perché il soggetto di razza ha un valore commerciale in sé e dall’altro per la frequenza di eventi patologici nelle razze che rende sconveniente per l’assicuratore non includere la razza nei criteri di rischio della polizza.

Per quanto riguarda la sofferenza fisica procurata ai cani dalla selezione artificiale non è difficile verificarne l’evidenza consultando i canali ufficiali della ricerca veterinaria, mentre per quanto concerne la sofferenza psichica “da selezione” l’evidenza emerge chiara ed inequivocabile dall’osservazione diretta che viene dalla frequentazione e dalla convivenza.

Le motivazioni di specie

Un gatto rincorre un insetto, un cavallo pascola, un bambino raccoglie dei sassi.

Ogni specie ha le sue motivazioni peculiari, ovvero tendenze interne e bisogni che sono alla base del repertorio espressivo di tutti gli individui appartenenti a una stessa specie.

Ogni individuo ha attitudini più pronunciate rispetto ad altre e questo, assieme alle esperienze e all’ambiente, ne condiziona la personalità e il ruolo nel proprio gruppo familiare/sociale.

Le motivazioni di razza

Le motivazioni di razza sono tendenze di specie sulle quali la selezione artificiale ha agito modificandone il volume di espressione e la frequenza di utilizzo.

All’interno di una stessa razza alcune motivazioni sono smodatamente accentuate a scapito di altre fortemente ridotte, al punto da creare una condizione di ipertrofia comportamentale e di generale disequilibrio che a sua volta si può tradurre in una forte fragilità e sensibilità sociale. (*)

Enfatizzare alcuni comportamenti del cane ha permesso di ottenere un vantaggio all’essere umano nello svolgimento di compiti assegnati.[1]

*In condizioni di stress, taluni soggetti faticheranno a trovare una risposta adattativa e convergeranno in modo ossessivo sui loro aspetti ipertrofici.

Analisi di alcune razze e delle risposte in caso di stress

Cani da caccia: selezionati per avere una forte predisposizione per la ricerca, l’esplorazione, la perlustrazione e la predazione. Ciò comporta, generalizzando, che i soggetti abbiano frequenti ed intensi picchi emozionali espressi con il continuo movimento e una conseguente difficoltà ad occupare uno spazio in modo statico. In sostanza, vivono in un perenne stato di agitazione.

In condizioni di stress, un Bracco ad esempio potrebbe, nell’affrontare una situazione sociale nuova, chiudersi mentalmente e concentrarsi sulla ricerca ossessiva di una preda anche inesistente andando in evitamento.

Questo atteggiamento, non essendo dannoso in modo visibile, viene tollerato o normalizzato senza considerare lo stato disfunzionale del soggetto.

Pastori conduttori: per selezionare comportamenti utili al raduno del gregge, questi cani presentano un’ipertrofia espressiva di alcuni tratti della sequenza predatoria: punta, agguato, inseguimento e morso per afferrare. La gratificazione su base dopaminergica generata da questi comportamenti li allontana da adattamenti sociali che si affrontano normalmente nella crescita, portandoli a ricercare nell’interazione solo corsa e inseguimento. L’ipervigilanza e il controllo sono ulteriori declinazioni della conduzione che sono state enfatizzate. La collaborazione con il referente umano si è dimostrata un tratto indispensabile per rendere il pastore un buon esecutore. In condizioni di stress, un Border Collie chiede insistentemente il lancio di una pallina muovendosi con schemi ripetitivi e procedurali, o si attiva su qualsiasi stimolo in movimento come biciclette, monopattini, corridori. Per quanto riguarda la motivazione collaborativa, è frequente notare, soprattutto in pastori conduttori misti come il Pastore Tedesco, una dipendenza morbosa dall’umano che sovente l’accoglie con vanità e gratificazione personale, senza valutare l’assenza di autonomia e gli stati ansiosi correlati.

Terrier di tipo Bull: in questa categoria canina, l’essere umano ha selezionato forti coordinate competitive e possessive, ma soprattutto un’ipertrofia nel morso volto ad uccidere. Ne deriva che un Pit Bull può facilmente attivarsi sull’afferrare un oggetto e scrollarlo con il tipico “movimento ad otto” oppure andare in presa esercitando ripetute e costanti contrazioni della mandibola [1]. Risultano essere fra i cani più fragili, emotivi e socialmente sensibili, ma a causa della loro irruenza e prestanza fisica vengono spesso fraintesi e trattati con superficialità e rozzezza. In condizioni di stress, questa tipologia di cani già di per sé facilmente eccitabili e con difficoltà a gestire le condizioni di frustrazione, si può attivare in modo predatorio su oggetti, cani o persone. La perdita di lucidità e la disconnessione dalla realtà li rendono estremamente pericolosi al punto da cadere, nel morso, in una condizione di “trance” da cui è difficile rinvenire. La difficoltà a gestire interazioni sociali è molto elevata e gli esiti possono essere drammatici e fatali in condizioni esasperate. I canili sono pieni di questi cani, che difficilmente vengono affidati e restano rinchiusi, alle prese con un’intima devastazione interiore, per giunta in prossimità conflittuale con i propri simili.

Quando la selezione diventa estrema

I comportamenti ripetitivi e le automutilazioni: sono gli stessi “medici del comportamento” a diagnosticare il cosiddetto disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), che si manifesta attraverso comportamenti ripetitivi e ritualizzati messi in atto per affrontare le emozioni eccessive, tentando di evitare, ridurre o prevenire gli eventi o le situazioni temute. Il cane in un forte stato ansioso cerca di trovare appagamento finendo in un loop senza via d’uscita che peggiora la sua condizione. Nel tempo inoltre, il comportamento diventa fissato e esibito in assenza dello stimolo stressogeno, con il risultato che l’individuo profondamente segnato sprofonda in una condizione di disagio e disadattamento senza via d’uscita.

Sintomi comuni

  • Inseguimento della coda: il cane insegue ripetutamente la propria coda, spesso fino a ferirsi.
  • Leccamento eccessivo: il cane si lecca ossessivamente una specifica area del corpo, causando lesioni cutanee.
  • Mordicchiamento di superfici: il cane morde oggetti, muri o altre superfici in modo ripetitivo e compulsivo.
  • Corsa in cerchio: il cane corre ripetutamente in cerchio, spesso senza apparente motivo.
  • Morso dell’aria: il cane sembra cacciare insetti immaginari, aprendo e chiudendo la bocca nell’aria.
  • Succhiamento del fianco o di una coperta: il cane si lecca ripetutamente la zona del fianco, fino a procurarsi lesioni.
  • Pica: il cane ingerisce sostanze non commestibili come plastica, sassi o tessuti.

Le cause scatenanti possono essere molteplici: stati di privazione, solitudine prolungata, frustrazione, traumi e predisposizioni genetiche, etc. Sebbene qualsiasi soggetto possa soffrire di questi disturbi, sono state accertate spiccate predisposizioni genetiche in alcune razze.

Esempi di associazione “razza-disturbo”

Inseguimento della coda: Bull Terrier e Pastori Tedeschi sono le razze a più alto rischio.

Leccamento eccessivo: ha una prevalenza soprattutto nei cani di taglia grande come Dobermann, Labrador e Golden Retriever, Alani, Molossoidi, Pastori Tedeschi. I Dobermann sono decisamente i più colpiti con un’incidenza che arriva fino al 70% per ogni cucciolata.

Corsa in cerchio: molto frequente nei Pastori Belga Malinois. Individui che presentano la corsa in cerchio in spazi ristretti di grado moderato sono anche quelli che hanno “performance lavorative” migliori vantaggiose per l’essere umano nonostante il comportamento ripetitivo.

Morso dell’aria: Cavalier King Charles Spaniel, Schnauzer nano e Grande Bovaro Svizzero sono le razze che presentano la più elevata predisposizione per questa sindrome, sebbene sia ricorrente anche in molte altre quali Doberman, Pinscher, Airedale Terrier, Barbone nano, German Shorthaired Pointer, Pastore Tedesco, Border Collie, Setter Irlandese e Setter Inglese.

Nel Cavalier King, in particolare, la sindrome potrebbe anche derivare dalla siringomegalia, un grave disturbo neurologico correlato alla malformazione cranica tipica della razza brachicefala.

L’origine dell’aggressività

Nel Pastore Belga Malinois sono state riscontrate varianti nel gene del trasportatore della dopamina associate ad aggressività, occhi vitrei e convulsioni. Vengono riportati gravi episodi di aggressività con morsicature e atteggiamenti imprevedibili, condizioni per cui è stata anche prevista la soppressione degli individui.

I Cocker Spaniel Inglesi sono stati studiati perché mostrano spesso un’aggressività imprevedibile o impulsiva nei confronti dei loro proprietari. La prevalenza dell’aggressività varia a seconda del colore del mantello; gli Spaniel rossi (biondi o color camoscio) sono più aggressivi di quelli neri e gli Spaniel di colore uniforme hanno maggiori probabilità di essere aggressivi rispetto a quelli pezzati. Rispetto ad altre razze, sono stati rilevati livelli di serotonina più bassi. Sono state inoltre scoperte associazioni significative con geni che codificano per i recettori di dopamina, serotonina e glutammato.

L’esito peggiore di alcuni di questi disturbi è l’automutilazione. Osservabile in casi di stess estremi o traumi come la reclusione in canile, soggetti di razze estremamente sensibili, come il Pit Bull o il Pastore Tedesco, sono più esposti e possono ferirsi fino a staccarsi intere parti del corpo.

Considerazioni finali

Non solo la genetica, ma anche l’ambiente e le esperienze individuali interagiscono in modo complesso nel definire lo sviluppo di un cane. La crescita di un cane con l’umano al di fuori del gruppo familiare, è già di per sé piena di ostacoli. Nel cane di razza si aggiunge l’incidenza negativa della predisposizione genetica che può risultare talmente ingombrante da rendere tutto ancora più arduo, al punto da minare il futuro equilibrio dell’individuo, anche a fronte di uno stile di vita mediamente appagante. A parità di condizioni di stress, un cane di razza alle prese con alcuni aspetti particolarmente enfatici o esasperati, avrà più probabilità di sviluppare comportamenti anomali e disadattativi rispetto a un cane non selezionato artificialmente.

Le motivazioni di razza non vanno tradotte come belle, utili e semplici vocazioni, ma piuttosto come drammatici sbilanciamenti intenzionali che portano una grande percentuale di cani (di razza) ad avere enormi difficoltà ad adattarsi, a vedere compromesse le altrimenti flessibili capacità sociali, senza le quali decade la piacevolezza dello stare insieme. Una teoria acritica delle tanto di moda motivazioni di razza ha contribuito alla diffusione nei cani degli stati di ansia, frustrazione, nervosismo e tanti altre fragilità emotive. E’ necessario svelare il grave e diffuso maltrattamento genetico che si riversa sul comportamentamento dei cani, perché la sofferenza che deriva dalla logica e dalla pratica della razza è conseguenza dell’ennesimo atto di soppraffazione che l’essere umano opera a danni di cani che poi  pretende di addestrare/educare e persino accudire e amare.

Causare sbilanciamenti motivazionali tramite selezione artificiale risponde al raggiungimento degli interessi e della gratificazione dell’umano padrone: la produzione dei cani non può più essere normalizzata e, così, legittimata.

NO-RAzzismo animale!

Non si tratta di cercare di limitare i danni acquistando un cane in un allevamento riconosciuto e con reputazione più o meno solida: pedigree, test genetici, coefficienti ereditari specifici… sono tutte trappole commerciali orchestrate a conferma di una tragedia per milioni di cani.

Pastori tedeschi, Labrador, San Bernardo, Rottweiler, Bulldog, Cavalier King, Carlini, Beagle, Bassotti, Alani, Dalmata, Malinois, Doberman, Bozer, Schnauzer, Terranova, Bichon, Australian, Husky, Mastini, Corgi, Bovari, Shih TzuPechinesi, e chi più ne ha più ne metta.

Che il vero interesse degli allevatori sia il profitto lo conferma la tendenza della sempre più fiorente “pet industry”: immettere sul mercato sempre più razze (quasi 400 ormai) aumenta la dipendenza dalle catene di piccola e grande distribuzione di prodotti animali. Non è la domanda che genera l’offerta, ma l’esatto contrario. L’industria del pet cerca di nascondere la fragilità fisica e psichica insita nei cuccioli che spaccia.

Per non essere complice di questa enorme sofferenza noi diciamo NO-RAzzismo animale!